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Adele Ross

DUE CHIACCHIERE IN COMPAGNIA di Adele Ross

Oggi, cari lettori, siamo in compagnia di Adele Ross, l’autrice di “Maledetto il giorno in cui ti ho mentito “. Scopriamo qualcosa di più su di lei e sui romanzi che ha pubblicato.

  • Iniziamo dalle basi, so che Adele Ross è uno pseudonimo. Perché non pubblichi i tuoi romanzi con il tuo vero nome? Da dove arriva Adele Ross?

Allora cominciamo dalle basi… sì Adele Ross non è il mio vero nome ma quello che sento maggiormente mio (come scrivo spesso) la scelta del nome è stata del tutto casuale, ho scelto Adele perché è un nome che mi è sempre piaciuto, corto, dolce e facile da memorizzare e Ross arriva dal colore dei miei capelli (o almeno da quello che avevo prima, adesso l’ho scurito notevolmente) che non è propriamente un rosso ma un castano rossiccio ma con i riflessi del sole si accentuava moltissimo e i miei amici hanno cominciato a chiamarmi “la rossa”, solo che Adele Rossa non mi suonava bene così l’ho storpiato e fatto diventare Adele Ross (che gli da anche un tono quasi mezzo straniero che non mi dispiaceva) l’ho pronunciato ad alta voce e mi è piaciuto così quando ho dovuto scegliere un nome da associare al primo romanzo che ho pubblicato “Tutta colpa del matrimonio” ho scritto Adele Ross ed è rimasto quello il mio nome anche per tutti i romanzi che sono seguiti. Posso solo dire che un motivo per cui non pubblico con il mio vero nome esiste ma è “top secret” oltre al fatto che il mio vero nome è banalmente scontato e comune, basti solo sapere che ormai Adele Ross è praticamente diventato il mio nome quasi reale, chi mi conosce a volte mi chiama Adele figurati.

  • Io sono una ragazza che legge molto, ma non credo che sarei in grado di scrivere. Quando hai iniziato a scrivere?

Di fatto ho iniziato a scrivere prestissimo, da bambina, più che a scrivere a inventare storie e racconti, un po’ perché vivevo in una famiglia numerosa e avevo poco spazio e tanti fratelli di cui ero la maggiore, ergo mi si ascoltava poco e si pretendeva tanto, da ragazzina volevo ricavarmi uno spazio tutto mio e ho cominciato a inventare, leggevo molto perché sono cresciuta in una famiglia di lettori e la fornitissima biblioteca di casa era sempre aperta a noi figli, anche se devo ammettere (e non me la sto tirando) che credo di essere l’unica dei figli che ne abbia veramente usufruito senza ritegno. Poi a dodici anni ho scritto un racconto di fantascienza con una vecchia macchina da scrivere che mi aveva regalato mio padre ed è stato proprio lui a dirmi: “continua a scrivere perché hai talento”. La vita in seguito mi ha portato su altre strade ed è stato un lungo periodo di convalescenza che mi ha bloccato in casa a mettermi nella condizione di passare il tempo (non potevo solo leggere e guardare film tutto il giorno, no?) così ho scritto “Tutta colpa del matrimonio” (unendo un po’ la mia passione per i romance all’ironia che mi stava facendo da lenitivo in un momento di sofferenza anche fisica) doveva essere un romanzo terapeutico e solo per me, poi ho deciso di provare a pubblicarlo in self, da lì si può dire che è cominciata la mia carriera di scrittrice e il resto è storia…

  • Ti ispiri ad avvenimenti realmente accaduti?

A volte mi nasce la scintilla così magari ascoltando una canzone o facendo una gita in bicicletta, a volte invece prendo spunto da cose che mi accadono intorno però in genere ci lavoro talmente sopra che non si riconoscono più (altrimenti che noia… io vivo in un paesino dove non capita quasi mai niente di interessante). “Maledetto il giorno in cui ti ho mentito” ad esempio è completamente frutto della mia fantasia però l’ho scritto nel periodo in cui eravamo in quarantena tutti e il virus faceva molta paura per cui ho voluto infilarcelo in qualche modo, anche se solo in modo ironico e divertente… d’altronde i nemici ognuno li combatte con le armi che possiede, io possiedo l’ironia e mi è sembrata la cosa migliore da fare, a seguire ho scritto anche un piccolissimo libretto dedicato proprio alla pandemia “Volevo baciare il Presidente del Consiglio” che è una sorta di diario ironico della quarantena, mi sono serviti entrambi per resistere al periodo difficile che abbiamo vissuto tutti quest’anno.

  • Quanto c’è di te nei personaggi dei tuoi romanzi?

Poco a dire il vero. L’ironia è proprio come quella che utilizzo nella vita vera (anche se confesso che nella realtà è molto calmierata e controllata in base a luoghi e situazioni), ma i miei personaggi sono spesso delle caricature che adottano comportamenti che nella vita reale potrebbero creare non pochi problemi. I dialoghi sono la parte che mi diverte di più scrivere e a volte contengono le parole che si vorrebbero dire a certe persone ma che non si possono dire per tanti motivi nella realtà e le azioni spesso sono quelle che forse nella vita reale una persona ragionevole e razionale non farebbe mai anche se vorrebbe. So che suona strano detto da me ma nelle situazioni in cui si trovano le mie protagoniste io, probabilmente, agirei in modo meno irrazionale e più assennato (il fatto che sia ironica non significa che sia poco assennata e poi diciamolo ho anche una certa età), sicuramente penserei di più alle conseguenze delle mie azioni ma loro sono personaggi inventati, in situazioni inventate e non devono per forza essere razionali e saggi… in fondo sono solo romanzi, totale frutto di fantasia, e non hanno l’obbligo di essere reali o realistici, verosimili forse ma reali no, altrimenti non sempre riuscirebbero nell’intento di far evadere e divertire.

  • Leggendo “Maledetto il giorno in cui ti ho mentito“ è stato come avere la protagonista davanti a me ed ascoltare la storia direttamente da lei. Ho adorato il tuo metodo di scrittura. Mi sono sentita partecipe. È così che scrivi? Hai immaginato Rebecca raccontare tutto come un vecchio ricordo? 

Più che immaginato Rebecca raccontare ho immaginato di essere io stessa Rebecca che raccontava. Mi è risultato più facile e mi ha concesso di recitare quel ruolo che mi avrebbe fatto agire in modo a volte stupido e sconsiderato ma sapendo che non ci sarebbero state conseguenze (come sarebbe avvenuto nella vita reale) perché si trattava solo di fantasia e di un racconto… però mi ha divertito farlo. E mi fa immensamente piacere che questo metodo sia riuscito a coinvolgerti… in fondo è il mio obiettivo, coinvolgere il lettore per farlo vivere nella storia e per qualche ora in un mondo di fantasia, magari rilassandosi e ridendo.

  • Cosa ha ispirato questa storia?

In realtà non lo so, un giorno è arrivata così l’immagine di una ragazza che si ritrova a vivere una vita non sua a causa di un equivoco e io l’ho accantonata, non mi sembrava il momento giusto. Poi mi è tornata in mente durante la pandemia e la quarantena, periodo in cui ho lavorato a casa e avevo parecchio tempo da dedicare anche ai miei libri… l’ho rispolverata e l’ho scritta, una cosa molto naturale anche perché è stata scritta in tre settimane, come amo pensare io era già lì pronta e aspettava solo il suo momento giusto per essere confezionata. A volte mi capita di pensare che in realtà alcune storie sono già dentro di noi da sempre e aspettano solo il momento opportuno per bussare e informare che sono pronte a nascere ed essere scritte… so che sembra un po’ inquietante ma posso dire, adesso che la sto vivendo, che la vita degli scrittori spesso e volentieri è inquietante e costellata di misteri…

  • Sapremo mai com’è andata a finire tra Rebecca e Tristan?

Chi ha letto il libro sa come è andata a finire in realtà, ho lasciato un piccolissimo margine di apertura alla fantasia del lettore in caso Rebecca (o Tristan chi può dirlo?) decidesse di tornare e pretendesse che io scriva cosa è accaduto dopo ma questo solamente il destino e il futuro potranno dirlo.

 

Grazie per il tempo che ci hai dedicato, a presto!

 

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