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DUE CHIACCHIERE IN COMPAGNIA di Roberta Marcaccio

DUE CHIACCHIERE IN COMPAGNIA di Roberta Marcaccio

Innanzitutto Roberta grazie per la disponibilità a questa intervista e come prima cosa, devo farti i complimenti per “Il cactus non ha colpa” perché è una lettura che mi ha catturata e appassionata fin dalle prime pagine. 

 

Grazie di cuore Simona, sono felice che Il cactus non ha colpa ti sia piaciuto. Sono curiosa e ansiosa di sapere cosa ne pensano i lettori. Per lo scrittore è importante ricevere un feedback anche se negativo e capitalizzarlo al meglio.

 

1) Come prima domanda partirei dal classico: raccontaci qualcosa di te, chi è Roberta Marcaccio?

 

Sono riminese di nascita, mezzosangue marchigiana da parte di papà, abito in provincia di Rimini e ho 55 anni. 

Impiegata, mamma di due ragazzi di 26 e 20 anni, moglie e figlia. In realtà sono anche nipote: ho una nonna di 107 anni ��� Da un anno sono anche studentessa, iscritta al primo anno di naturopatia.


Amo i libri da sempre, un amore profondo. Quando non mi sono bastati più quelli che leggevo ho iniziato a scriverli. All’inizio male, poi mi sono dedicata con impegno alla scrittura grazie alla frequenza di corsi, all’allenamento e ai consigli dei miei maestri.

Amo camminare al mare o in collina, ma il tempo è sempre troppo poco. Amo la buona cucina e la birra artigianale, ma sono sempre a dieta. Amo alcuni film che guardo e riguardo all’infinito. 

Amo la socialità ma sono una solitaria. Amo l’equilibrio e l’ordine ma sono fortemente disordinata. Amo il tè, la crostata, i biscotti di grano saraceno fatti da me. 

Amo i gioielli di pietre dure, i foulard, le borse colorate dove ho sempre un quaderno e un astuccio pieno di penne e pastelli variopinti.

Adoro il caldo “torrido” e attraverso l’inverno aspettando l’estate, quando potrò “girare il letto a testa in giù” e dormire con il volto di fronte alla finestra per respirare l’aria che entra.

Nella stagione fredda scrivo al computer con i guanti senza dita, avvolta in una coperta, in mansarda, sul letto o sul divano con la tazza di caffè caldo (d’orzo) a portata di mano.

 

2) Mi piacerebbe sapere cosa ti ha avvicinato alla scrittura, quali sono le tue letture di riferimento e quali sono per te libri “da leggere almeno una volta nella vita”?

 

Non c’è stato un evento scatenante. Da adolescente dicevo che da grande avrei fatto la scrittrice, poi la vita mi ha portato altrove per tanto tempo e me ne sono dimenticata. 

Verso i trent’anni è riscoccata la scintilla e ho mosso i primi passi nel mondo della narrativa. Non ho ricevuto una formazione umanistica e per tanto tempo mi sono rammaricata di questo vivendolo come una mancanza. 

Poi mi sono resa conto che l’impegno costante e la determinazione posso condurci dove mai avremmo immaginato di arrivare. 

E mi sono buttata a capofitto. In realtà lo faccio con qualsiasi cosa mi appassioni: la scrittura, lo studio, la lettura…

Per la scrittura le letture di riferimento sono tante. Alcune pietre miliari: Lezioni americane di Calvino, On writing di King sono i miei preferiti, ma potrei citarne decine.

Come lettrice sono onnivorissima, leggo davvero qualsiasi cosa e genere; se dovessi consigliare un libro farei davvero fatica. 

Adoro leggere i romanzi dei miei amici autori, artisti eccelsi purtroppo sconosciuti, che scrivono vere opere d’arte e spero diventino famosi. Leggo anche tantissimi manoscritti, manuali e saggistica.

Se mi devo rilassare lo faccio in compagnia di Felicia Kingsley e Chiara Patenti; se sono depressa rileggo, daccapo e per la ennesima volta, tutta la saga di Harry Potter.

 

3) Una cosa che invidio tantissimo agli scrittori è il saper mettere in parole le idee e attraverso esse creare emozioni. Io non riesco assolutamente a farlo. 

Ho sempre pensato di avere una mente troppo “matematica” per riuscire anche solo a mettere in bozza una ipotetica storia (lo dimostrano anche i miei voti nei temi a scuola…). 

Quindi una cosa che mi piace chiedere a chi invece questo riesce a farlo bene è: come nascono in te le idee e come riesci a trasportarle così bene in un libro? da cosa ti fai ispirare e cosa ti spinge verso la scrittura?

 

Ahahaha!! Bellissima domanda.

Anche i voti dei miei temi erano deprimenti, a scuola ero brava ma in realtà avevo bisogno di applicarmi molto più rispetto ai miei compagni.

Io credo che la risposta vera alla tua domanda sia questa: occorre talento, studio (che si fa con la lettura, i corsi e l’allenamento costante), provare e sbagliare e riprovare e risbagliare fino a che non trovi la formula magica. 

Nel talento includo la creatività, la capacità di “inventare storie”, di trarre spunto dalla vita, da un film, da un libro, da una notizia, da una frase per farne un racconto breve o lungo.

Le idee, nel mio caso, nascono “a caso” ��� affiorano nella mia testa mentre vivo. Sai come si dice: la vita è quella cosa che accade mentre fai altro. 

Lo stesso vale per le idee. Mentre vivo e faccio altro, all’improvviso si accende una lampadina e da lì parte l’incredibile, una strada lunga e tortuosa che va dall’idea al prodotto finale.

Grazie per il “trasportarle così bene” sono lusingata e onorata. Dietro un libro c’è tantissimo lavoro, dell’autore, degli editor, dei Primi Lettori, quelli che King chiama Lettori Ideali. Ringraziarli tutti è doveroso.

 

4) Segui dei rituali particolari quando scrivi, magari un luogo ben preciso, al mattino o al pomeriggio o di notte, da sola o in mezzo alla gente oppure scrivi ovunque, dove capita basta che ci sia l’ispirazione? Ti imponi dei ritmi da seguire? 

 

Scrivo ovunque anche se ovviamente cerco un luogo tranquillo in cui potermi concentrare. Non ho momenti particolari della giornata perché avendo una vita molto piena devo giostrarmi tra le varie attività. 

Scrivo anche in mezzo alla gente, ho scritto tante volte in treno, durante i tanti viaggi di lavoro, e nei bar, grazie all’unico rituale che uso quando scrivo: la musica nelle orecchie all’infinito.

Rispetto una sola regola: quando inizio a scrivere, che sia la prima stesura o una revisione o una rilettura, tiro fino alla fine, tutti i giorni e il più possibile per non spezzare la continuità del lavoro. Ovviamente rinunciando a tutto il rinunciabile.

Un aspetto che mi caratterizza, comune a tanti scrittori, è la testa tra le nuvole. 

Come disse Terry Brooks, quando un autore riposa o ozia non sta realmente riposando od oziando, ma sta scrivendo; non scrisse proprio così ma il senso è questo. 

È il mio stato naturale anche mentre mangio, cucino, pulisco: la testa macina in continuazione personaggi, scene, dialoghi in un vortice continuo. Poi ovviamente quando mi siedo al computer ho dimenticato ogni cosa e scrivo tutt’altro.

 

5) Spero di non fare una gaffe, per me era abbastanza chiaro durante la lettura, ma il dubbio rimane sempre: la storia di Rebecca è la tua storia? 

Immagino, in caso di risposta positiva, che nomi e luoghi, siano stati alterati e adattati al romanzo come anche la trama probabilmente ritoccata in alcuni punti, ma le emozioni percepite leggendo il tuo libro sono troppo vere per essere solo frutto di pensieri, fantasia e ricerche. Sbaglio?

 

Non sbagli e non fai una gaffe. Il cactus non ha colpa è fortemente ispirato a una storia realmente accaduta ma quello che c’è nel libro è totalmente frutto della mia fantasia. 

Ci sono elementi, dettagli, situazioni che solo io conosco e che sono realmente accaduti; quello che c’è di vero è lo sciame emotivo che trascina Rebecca e le persone che l’amano in una storia incredibilmente dolorosa e distruttiva. 

Personaggi, luoghi e vicende sono totalmente inventati.

Forse è il primo romanzo in cui non ho avuto bisogno di fare particolari ricerche.

 

6) Quali sono stati i tuoi pensieri mentre scrivevi il cactus non ha colpa? Quali sono state le tue emozioni e le tue paure legate all’idea di questo libro? 

 

Più che pensieri emozioni. La scrittura scatena in me sempre una tempesta. Poche settimane fa ho riscritto un romanzo e ho pianto ancora, per la millesima volta.

Il cactus non ha colpa è nato per caso. Avevo bisogno di buttare fuori e liberarmi da un dolore, l’ho usato come atto terapeutico. 

Quando l’ho finito l’ho consegnato alla mia amica Ilaria (sì, esiste davvero ��� ): lo lesse e mi disse che se non lo avessi finito mi avrebbe presa a calci. Così l’ho riscritto altre due volte con l’obiettivo di farlo diventare un libro VERO.

Emozioni me ne ha scatenate tantissime: ricordi meravigliosi, forte nostalgia e l’appartenenza a un periodo della mia vita che mi ha costruita per quella che sono.

 

7) Io ho ben chiaro cosa mi è arrivato leggendo il tuo romanzo. Vorrei sapere invece da te qual è il messaggio che speri arrivi forte e chiaro al lettore leggendo il cactus non ha colpa? 

Vediamo se è lo stesso? ���

Il mio messaggio è molto semplice: nel buio non si vede ma la luce c’è, è in fondo a un tunnel angosciante e terrificante; camminando si arriva sempre e comunque dove splende il sole, serve il coraggio per mettere un piede dopo l’altro e non fermarsi, non tornare indietro, non chiudersi. 

Ci saranno momenti difficilissimi, tanti, ma mai crogiolarsi nel dolore. Davanti c’è la vita. Dietro di noi l’esperienza.

 

8) Mentre scrivevi questo splendido ed emozionante libro, avevi in mente qualcuno in particolare a cui rivolgere le tue parole? 

 

Innanzi tutto a me stessa. Dovevo ricostruire un’autostima maciullata e mi serviva qualcuno che mi tenesse la mano e mi sussurrasse parole dolci (non che non avessi le persone giuste attorno ma spesso le parole dobbiamo trovarle dentro di noi). 

In secondo luogo avevo in mente i miei figli, persone splendide che si affacciano alla vita degli adulti e incontreranno difficoltà, muri e strade sbarrate. 

Poi a tutti coloro che per colpa di avversità inaspettate hanno ricevuto schiaffi così forti da fare tremare la terra.

 

9) Hai già dei progetti o delle idee per il futuro? Puoi raccontarci qualcosa in merito?

 

Tanti.

Ho un romanzo in riscrittura che vorrei ri-pubblicare presto, è solo da rileggere e consegnare all’editore: la storia di due amiche.

Un romanzo in seconda stesura a cui vorrei lavorare in un periodo di pausa dalla scuola, è il primo romanzo in assoluto che ho scritto e che avrei dovuto buttare e invece l’ho riscritto totalmente: la storia di una ragazza (Rosa) con la passione per la naturopatia.

Un’antologia dal titolo “C’è poco da ridere” che pubblicherò entro l’anno.

Due progetti iniziati che vorrei riprendere in mano al più presto: un giallo storico fuori dagli schemi e un’antologia crime.

 

 

10) Io sono una persona che ad inizio anno fa sempre un lungo elenco di buoni propositi. Ti chiedo quindi: anche tu hai un proposito per questo 2021 che ti sei promessa o vorresti riuscire a mantenere? 

 

Vorrei arrivare a fine dicembre a pari con lezioni, esami e tirocinio. Sarebbe sufficiente.

Lato scrittura vorrei pubblicare l’antologia, finire la storia di Rosa e avere una data di pubblicazione per il romanzo che ho riscritto.

Vorrei avere 6 chili in meno e tanta serenità nell’anima ���

Chiedo troppo?

 

11) Vorresti aggiungere qualcosa a questa intervista? 

 

Vorrei chiedere ai miei lettori di scrivermi in privato. Mi piacerebbe conoscerli, parlare con loro, capire cosa si aspettano da un libro e dalla vita e perché leggono. 

E mi auguro che Il cactus non ha colpa lasci loro qualcosa: un’emozione, uno spunto di riflessione, un piccolo stimolo per affrontare con energia la vita.

Vorrei anche ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini nei due anni neri, non sarò loro mai sufficientemente grata.

 

Roberta ti ringrazio tantissimo per averci dedicato il tuo tempo. Spero di non essere stata troppo invadente con le mie domande, ti auguro ogni bene e spero di leggerti presto con nuovi ed emozionanti romanzi. 

Un saluto da Simona e da tutto il blog Recensioni Young Adult.

 

E io ringrazio te di cuore, per la bellissima chiacchierata e auguro a tutti la Luce in fondo al tunnel.

 

DUE CHIACCHIERE IN COMPAGNIA di Roberta Marcaccio