Condividi sui Social
DUE CHIACCHIERE IN COMPAGNIA di Andrea Gatti

DUE CHIACCHIERE IN COMPAGNIA di Andrea Gatti

Salve readers, oggi vi porto a Valencia per fare due chiacchiere con un autore che ho appena scoperto, ma tranquille, non mi servirà sfoggiare il mio spagnolo, lui è italiano, e ha appena pubblicato Voodoo Child con la Nua Edizioni. 

Diamo il nostro benvenuto nel salotto di Recensioni Young Adult ad Andrea Gatti!

Benvenuto Andrea, parlaci un po’ di te…

Ciao a tutti, e grazie per l’invito!

Che dire di me? Il fatto che stia vivendo a Valencia, e in generale in Spagna da quasi nove anni, credo sia il dato più inusuale. Ogni giorno che passa faccio più fatica a esprimermi in italiano, eheh! Spero non si noti troppo!

Di buono posso dire che almeno ho perso l’accento milanese.

Comincerò col farti i complimenti, Voodoo Child mi ha conquistata e sorpresa, l’ho letto in un momento in cui avevo bisogno di una lettura leggera, frizzante, è il tuo libro ha risposto perfettamente alle mie esigenze. 

Ho cominciato ad aver voglia di farti domande fin dalle prime pagine, ma in realtà nella Postfazione ne hai già soddisfatte parecchie, quindi ho deciso di cambiarle, sei pronto?

Certo, fatti sotto!

1) In una presentazione del libro ho letto l’indicazione: adatto a lettori dai 13 ai 100 anni e dopo averlo letto non posso che essere d’accordo, ma quanto è difficile scrivere una storia che sia giusta per un range di pubblico così ampio?

Quel trafiletto è nato come una sorta di scherzo, ma credo che sia piuttosto adatto. Non importa tanto l’età del lettore, quanto la sua fame di avventura.

Quando creo la storia non ho chiaro qual è il mio target. Scrivo prima di tutto ciò che io stesso cerco in un libro. 

Mi sa che il bambinone quindi sono io: campassi cent’anni probabilmente cercherei gli stessi libri che leggo adesso e che leggevo a vent’anni. Christopher Moore, Douglas Adams, Terry Pratchett…

2) Nella postfazione spieghi le dinamiche della storia, cosa è frutto della tua fantasia e cosa di duro lavoro di ricerca. Quanto è stato difficile combinare le due cose?

Direi che la lontananza storica (e geografica) potrebbe aver giocato a mio favore: quasi nessuno si sarebbe mai accorto delle licenze poetiche. Ciononostante, ho provato ad attingermi il più possibile a dati, fatti ed eventi reali. 

Ho sviluppato la storia attorno a ciò che mentre facevo ricerca ha attirato la mia attenzione, usandolo come guida. Per qualche tempo, per esempio, ho dubitato se ambientare la vicenda nel 1909 o nel 1915. 

Nel ‘15, però, Louis era già grande, il jazz già in voga, e tanti altri piccoli dettagli a cui mi ero già affezionato non funzionavano. 

È stato un lavoro lungo e certosino, specie perché la vita nel frattempo faceva il suo corso, e capitava che ricordassi cosa avessi deciso, ma non perché, obbligandomi a ristudiare da capo il tema.

3) Non è la prima volta che leggo storie che trattano il tema del Voodoo, molti dei termini che hai usato li conoscevo già, e ho adorato come hai saputo usarli senza farli sembrare né qualcosa di ridicolo e fuori tempo, né qualcosa di brutto o da nascondere. Hai dato a tutto una spiegazione consona e adatta a chi leggeva, nel senso che secondo me, alcune cose si potevano capire in modo più completo a seconda dell’età del lettore. Fa parte del tuo stile autoriale far emergere tratti più marcati tra le righe?

Non saprei. Considero mio stile l’ironia, i giochi di parole e le intrusioni inaspettate da parte del narratore, mentre il trattare temi sensibili, sconosciuti o ingarbugliati come ho fatto in questo libro è solo la conseguenza di ricerca e rispetto, niente più.

4) Ho apprezzato tanto che i bambini non abbiano ricevuto maltrattamenti a causa del loro colore, hai sfiorato l’argomento in punta di fioretto, con una delicatezza davvero encomiabile, ma in quel tempo sarebbe stato coerente anche il contrario, anzi probabilmente sarebbe stato più realistico, perché hai fatto questa scelta?

Non so se è stata una vera e propria scelta. Direi che è andata così perché in fondo la vicenda principale è soprannaturale, e nel mirino sono finiti solo i personaggi toccati in prima persona da Emeline e Ozee. 

Emeline è pur sempre è una outsider, con problemi magici e insoliti e conoscenze limitate circa il mondo al di fuori del bayou. Invece il resto della società dell’epoca, macchiata dall’odio e dal razzismo, con la magia non aveva né ha avuto niente a che fare. 

Fa solo da sfondo, uno sfondo che raramente si anima o influenza i personaggi, ma mi è sembrato adatto che, in quei pochi casi, si dimostrasse per quello che è.

5) Una parte che credo di condividere in modo assoluto, è quella dove in una riflessione di uno dei musicisti, se non ricordo male, lui diceva che forse al di sopra di noi non ci sono, Spiriti, Santi, Loa, Dei e altro, ma che semplicemente ognuno di noi chiama in modo diverso le stesse entità. 

Hai spiegato d’aver seguito una linea neutra in merito, ma suppongo che la realtà emersa dalle tue ricerche fosse ben diversa. Perché in questo frangente non hai voluto riportare la realtà?

Con realtà ti riferisci all’intolleranza con cui veniva accolto il voodoo?

Be’, non c’è bisogno di fare ricerche per notare che, quando si parla di fede, ognuno ha la sua, e non è disposto a dare per buona quella degli altri. 

Quello che esprime il musicista in questione, infatti, è un pensiero atipico, una specie di agnosticismo rispettoso. Ahimè, non troppo diffuso, né allora, né oggigiorno.

6) So che molte cose le hai spiegate nel libro, ma una curiosità mi è rimasta, perché hai parlato così poco della madre di Emeline? Pochissimi riferimenti, pochi ricordi, perché?

Direi che è stata un’omissione spontanea. Mettendomi nei panni di Emeline, che con soli dieci anni si ritrova senza l’adorato padre, ho pensato che il sentimento più forte fosse quello di mancanza.

La sua mente di bambina, ancora plastica, riempie quella mancanza con i ricordi più prossimi: il padre con cui è cresciuta. La perdita della madre, sofferta in tenera età, è già troppo sfocata, troppo lontana, e non fa così male.

7) Il riferimento alla nascita del jazz e di una stella come Armstrong secondo me è stato un colpo di genio, ne hai parlato da vero esperto, è solo frutto di ricerca o sei un amante del genere?

Sono un amante del genere, ma anche un completo ignorante. 

Ho studiato molto per farmi una cultura di jazz e dixieland e potermi permettere di parlarne nel libro. New Orleans era semplicemente uno scenario troppo fertile per farmi scappare certi personaggi e situazioni.

Parlando di jazz, invece, se devo essere sincero alle grandi bande degli anni venti preferisco l’hard bop e il be bop. All’inizio, nelle sedute di scrittura, ero solito ascoltare radio online che passavano questi due generi. 

L’ispirazione più grande, però, è arrivata con la scoperta di Julian Lage. 

Se qualcuno volesse l’“esperienza completa”, cioè passeggiare per le stesse strade, negli stessi bayou, o salire a bordo del Pensacola assieme al trapassato me che scriveva, potrebbe farlo leggendo questa storia con gli album Arclight, Modern Lore e Love Hurts in sottofondo. Tra le loro note troverete l’anima di Voodoo Child.

8) Emeline è una bimba fuori dal comune, Louis un bimbo adorabile con tutte le paure della sua età, ma Ozee? 

Lui è un protagonista davvero spettacolare, un Loa “impressionabile” come ti è venuto in mente di caratterizzare così un personaggio, che a quei tempi avrebbe fatto tremare al solo pronunciare il suo nome?

Ozee è il mio preferito, lo ammetto. L’ho coccolato molto, mentre ricamavo la trama e tessevo la storia. 

L’idea che sta alla base di tutto il libro e che ha dato vita a questo personaggio è stata: “Cosa succederebbe se una bambina in cerca di aiuto evocasse uno spirito alle prime armi?”

La situazione paradossale in cui si trovano fin dalle prime pagine del libro era troppo ghiotta: bloccati insieme, senza la minima idea sul da farsi, e senza poter tornare indietro.

9) Da brava giallista avevo capito fin da subito quale fosse la storia di Ozee, ma non chi fosse in realtà il Capitano Simmons, mi hai stupita e non è facile. Come hai costruito il suo personaggio?

A poco a poco. L’idea di base mi è venuta mentre cercavo informazioni per un avvenimento cruciale del libro. Poi immaginai il viaggio in battello per il fiume e capii che avevo bisogno di un bel capitano. 

Tornai ai miei appunti, alla ricerca di un capitano di battello che si fosse imbattuto in eventi simili a quelli che avevo in serbo per lui. Non trovai che due candidati, e alla fine scelsi il capitano J. W. Simmons. 

Fatto questo, provai a immaginare che ne fosse stato di lui qualche anno più tardi. A partire da quel momento, tutto ciò che lo riguarda è stato inventato di sana pianta.

10) Cosa ti aspetti da questo libro? E dove ti vedi tra cinque anni?

Questa è la mia seconda esperienza di pubblicazione, ma la prima spalleggiato da una casa editrice. Considerando il mio talento (nullo) per fare promozione e il mio impegno (assente) nel farla, sono certo che Voodoo Child avrà vita più facile. 

Sono anche convinto che si tratta di un prodotto molto più… come dire… raffinato del mio primo libro. Raffinato come il petrolio, non nel senso di chic. Gli auguro di rendermi fiero, so che può farcela!

In cinque anni mi vedo alle prese con una terza (o quarta, se vogliamo essere ingenuamente ottimisti) pubblicazione, spero. Devo solo trovare il tempo e la costanza di scrivere. Ahimè, è un brutto affare, lungo e solitario, ma ne vale la pena.

11) Ultima domanda, cosa desidera Andrea Gatti Autore? Hai un desiderio nel cassetto? Che so, un genere in particolare o una collaborazione eccellente?

Per spararla grossa, non sarebbe male vedere i miei libri plasmati in film d’animazione. Credo che si prestino molto bene al genere, ma sono pensieri che lasciano il tempo che trovano. 

Quanto alle collaborazioni, non credo che saprei collaborare con qualcuno, ho dei tempi troppo lunghi e altalenanti. A ogni modo sarebbe dura, perché i miei autori preferiti parlano tutti inglese.

Quello che desidero ed è un desiderio realistico, invece, lo so! 

l problema sta proprio nella mia affermazione precedente: gli autori che si dedicano al fantasy (in senso lato, non solo guerrieri, elfi e mostri), alla scrittura umoristica o weird sono quasi sempre stranieri. In Italia ci piace che i nostri scrittori siano tutti giallisti o mainstream, e ghettizziamo chi scrive letteratura di genere con troppa facilità. 

Eppure, ne abusiamo di continuo, basta che a scriverla sia tal John o Jane Doe. Mi piacerebbe ci fosse più spazio per chi vuole uscire dagli schemi, e che non si storcesse al naso davanti a un fantasy italico. Senza compromessi.

Ci vuole ancora tempo, lo so, ma credo che siamo sulla buona strada.

Andrea è arrivato il momento dei saluti, io e tutto lo staff di Recensioni Young Adult ti ringraziamo per la tua disponibilità e ti diamo l’arrivederci a presto con il tuo prossimo lavoro, Jenny.

Grazie mille a voi per l’opportunità, ciao!

DUE CHIACCHIERE IN COMPAGNIA di Andrea Gatti