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Recensione: Escape. Undercover - Sarah Rivera

Titolo: Escape. Undercover 

Autrice: Sarah Rivera

Casa Editrice: Self Publishing 

Genere: Contemporary-Medical Romance

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TRAMA

“Se tra le opzioni che ti restano
c’è solo la fuga: inizia a correre!”

Benjamin è un chirurgo ortopedico presso l’Hospital for Special Surgery di Stamford. Si trova all’apice della sua carriera, quando è costretto a fuggire dagli Stati Uniti con una falsa identità e un biglietto aereo per l’Ucraina.
Spalancherà gli occhi di fronte all’assurdità della guerra e si troverà a lavorare in condizioni precarie. Tutto questo lo porterà a chiudersi in sé e a soffocare le sue emozioni in modo lento e inesorabile.
Ma così come l’emozione può risvegliarsi nell’imperturbabilità per effetto della malia di una sirena,
da una fuga si può rinascere?

RECENSIONE

Salve readers, oggi vi parlerò di un libro che mi ha provato, un libro che ho dovuto dividere in due perché arrivata a metà non riuscivo più ad andare avanti. Vi chiederete perché, ed è presto detto: un turbine di emozioni troppo forti per me in un momento particolare della mia vita. Oggi vi parlerò di Escape, il primo volume della Under Medical Series di Sarah Rivera.

Avevo promesso a Sarah che lo avrei letto entro una certa data, ma ho dovuto darle buca, proprio non riuscivo a finirlo e ora vi spiego come mai.

Escape è ambientato a Kiev al giorno d’oggi, tra guerra, morte e disperazione, e la penna di Sarah è stata fin troppo precisa nel descrivere le emozioni provate dai protagonisti Ben e Ari.

Lui sa sempre dove trovarmi, io invece no, e questo è snervante. Al momento non ci sono novità riguardo la mia situazione e Dio solo sa quando ce ne saranno. Continua a ripetermi ogni volta di cercare di andare avanti. Fosse facile! mi dico. Prendo la testa tra le mani mentre il cuore sembra balzarmi in gola e un tremore simpossessa di me. Inizio a respirare a fatica: tutti i sintomi di un attacco di panico prendono a uno a uno possesso del mio corpo. «Devo calmarmi, santo cielo!» dico a denti stretti, ammonendomi e cercando di regolarizzare il respiro, di placare lagitazione delle mie mani. Non è la prima volta che mi succede da quando ho messo piede in questo posto dimenticato da Dio. Ma io non posso permettermi di stare così. Non posso essere vulnerabile. Non posso sbagliare. Sono un medico e la mia esitazione potrebbe costare la vita a qualcuno. Devo tranquillizzarmi, anche se è difficile in queste circostanze, e devo impormi di essere lucido.

Escape ha una forza introspettiva travolgente. Il tormento di Benjamin per il motivo che lo ha portato a Kiev, la paura di non poter tornare alla sua vita, l’attrazione che sente per quella giovane, il senso d’impotenza che sente nei suoi confronti in merito al futuro…tutto descritto con una tale maestria da avermi messa in difficoltà. Non da meno Ariel che passa da essere una giovane studentessa ad un passo da un esame importante per il suo futuro, in una terra martoriata dalla guerra, però attorniata dall’amore della sua famiglia, a essere sola al mondo e menomata non solo nel fisico ma anche nello spirito che non vede più un futuro per lei.

Prima dellinizio della guerra, quando abitavo allo studentato, la mia vita era allegra e spensierata. Adesso qualcosa si è spezzato, ed è come se dentro di me non ci fosse più spazio per gioire. Abbasso lo sguardo, chiudo gli occhi emettendo un sospiro e cercando di rilassarmi. Accendo la musica nel telefono, indossando le cuffie, e provo a scacciare i brutti pensieri, anche se i pugni restano contratti a causa della rabbia che mi brucia dentro. Sento che mi stanno rubando la gioventù, la spensieratezza, la vita stessa e non posso farci niente.

Tra i nostri due protagonisti c’è una bella differenza d’età, c’è un divario culturale enorme, lui americano, all’apice della sua carriera come ortopedico, lei ucraina di modesta estrazione sociale, ma con un sogno nel cassetto.

Peccato che in una notte tutte le sue certezze e i suoi sogni siano andati in frantumi…

Escape è un romanzo davvero intenso, scritto a pov alterni, che regala tantissime emozioni, con una parte spicy appena accennata; è un romanzo dal linguaggio attuale e coerente con età e cultura dei protagonisti, lo stile della Rivera è perfettamente riconoscibile, per eleganza e ricchezza di dettagli.

«Ti va anche bene, perché ho un accendino usato qualche giorno fa per accendere delle candeline.» Lei mi osserva stupita e si avvicina compiaciuta. Ha la sigaretta tra le labbra e che labbra! Mi avvicino e tengo accesa la fiamma quel tanto che basta per consentirle di tirare una prima boccata che emette di lato. Odio il fumo, ma trovo il gesto che ha appena fatto talmente sensuale che la bacerei, e ciò mi sembra impossibile, conoscendomi. Non ho mai desiderato assaggiarne il sapore nella bocca di qualcuno, ma ora sì.

«Americano?» domanda. Annuisco mettendo le mani in tasca, perché ho lasciato i guanti dentro e la guardo da sotto le ciglia. «Che bello!» Mi osserva con aria trasognata. «Andare in America è il mio sogno!» 

«Davvero? E come mai?»

 «Come come mai? È logico! È un posto meraviglioso, ci sono così tanti luoghi che vorrei vedere. Ma tu di dove sei? E soprattutto cosa ci fai in questo posto dimenticato da Dio e dagli uomini?» Lo dice triste e non mi sfugge il tremolio della sua voce, il modo nervoso in cui porta di nuovo la sigaretta alla bocca.

Se devo trovare un difetto a questa storia, direi che per mio gusto personale, il finale è stato un po’ troppo veloce, confronto al passo del resto del romanzo, avrei preferito qualche altra pagina per salutarli come si deve. Detto questo non mi resta che invitarvi a leggerlo, e se volete, mi farebbe piacere conoscere le vostre opinioni, per ora vi auguro buona lettura, Jenny.

Ringraziamo di cuore a tutti quelli che continueranno a sostenerci seguendoci e per chi farà una piccola donazione! Grazie di cuore!