
Due chiacchiere in compagnia di Sara Braghin
intervista
Come nasce la te scrittrice?
Tanto tempo fa, forse a cavallo della terza media e la prima superiore, sicuramente in adolescenza piena. Tra fumetti, libri avvincenti, ma anche videogiochi dalla trama trascinante, ho sempre immaginato storie e personaggi per trovare sonno la notte, di giorno provavo a cavarli fuori, con tutta la scarsa coordinazione del caso. Ho scritto tanto, ho scritto per contest amatoriali e fini a se stessi, ho riempito una cartella di racconti sul computer, mi sono buttata nella lettura di romanzi schietti, spesso di un’asprezza pungente, mi è sempre piaciuta la realtà dei fatti. Non ho mai smesso di estraniarmi fuggendo in quel mondo lì, ma solo ultimamente sono riuscita a dare un senso a tutto questo immaginare.
Come nasce questa storia?
Dai personaggi, che ci sono sempre stati, che li ho sempre avuti ben chiari nella mente, con i loro nomi, i loro difetti, il loro posto nel mondo. Nasce da vecchi sprazzi di racconti, che ho provato ad unire creando un motivo per cui i protagonisti avrebbero dovuto esistere, conoscersi, odiarsi con sentito amore reciproco.Ci sono stati momenti in cui hai avuto il blocco oppure avevi già tutto ben delineato?
Il blocco fa parte del gioco, purtroppo, ma per questa storia nello specifico ne ho avuti davvero pochi. Erano dubbi, più che altro, interrogazioni sulla credibilità della trama, sulla coerenza. Ho tenuto un quadernetto per aiutarmi a non perdere mai il filo, o per non perdermi e basta, semplicemente, e devo dire che è servito.Hai in mente altri romanzi?
In mente, in pancia e soprattutto in un file nel computer. Trovo veramente difficoltoso far tacere i miei protagonisti, che alla fine mi hanno adorabilmente costretto a scrivere ben altre due storielle su di loro.Quale dei tuoi personaggi ti caratterizza di più?
È forse la domanda più difficile di tutte, perché credo che ciascuno di loro sia a sé stante, completamente all’opposto di me e allo stesso tempo completamente parte di me. Si può dire che io abbia lasciato una microscopica goccia della mia persona, delle mie esperienze e del mio universo in ognuno di loro.Come nascono le tue storie?
Dai colpi di scena. Vorrei sempre che ce ne fosse uno, senza non avrebbero senso, non varrebbe la pena leggerle, tanto meno scriverle. Mi immagino direttamente il finale, che spesso è drastico, e vado a ritroso. Mi diverto ad inserire situazioni scomode, trovare forsennatamente il modo di giustificarle.Cosa diresti a un lettore per invogliarlo a leggere la tua storia?
Che non è troppo distante da quelle serie TV che sicuramente si inietterà durante i suoi noiosi pomeriggi di pioggia battente. Dialoghi e scene esplicite, ironia, combattimenti crudi ed un pizzico di romanticismo fanno parte del pacchetto. Persino del sano rock ‘n’ roll sullo sfondo non manca.Quale genere non scriveresti mai e perché?
Mi piacerebbe saper scrivere ogni genere, cambiare stile a seconda delle esigenze, perché ogni genere ha le sue peculiarità che meritano, ma i romanzi storici credo non facciano proprio per me, impazzirei alla ricerca della veridicità che so non sarei assolutamente in grado di replicare.Concludi con una frase che possa identificare storia di una bugia da parte dei protagonisti principali.
«Hai capito che cazzo ti abbiamo detto la scorsa notte o stai facendo il finto tonto come sempre?», lo rimbeccò.
Lui fece scorrere gli occhi in quelli di entrambi.
«Che Vincent è tornato».
Era rimasto sereno. Decisamente troppo.
«E non dici nulla?», esplose infatti Jayden.
Wil si accasciò di nuovo contro lo schienale, braccio a ciondolare dietro.
«Che cazzo dovrei dire?».
«Non so, “siamo tutti fottuti”, ad esempio», di nuovo Jayden.